LA SALUTE PRIMA dEL LAVORO

Figli, Famiglia, Lavoro, Perché Sbagliamo Nel Considerare le Donne Supereroine

Il tentativo di destinare un istituto penitenziario all’accoglienza di questa tipologia di utenza - che potrebbe peraltro essere letto, paradossalmente, come un approccio segregante - non si è tradotto, infatti, in nessuna sperimentazione concreta. Una strada percorribile in questa direzione riguarda l’introduzione del nuovo istituto del “Programma di reintegrazione sociale” in affiancamento e in modalità complementare rispetto all’affidamento terapeutico già vigente. Le raccomandazioni si indirizzano - considerando il versante della condizione di minorità sociale, che costituisce fattore causale concorrente delle condotte di violazione della norma penale o comunque “sfondo” rispetto ad esse - in una duplice direzione: da un lato immaginare un intervento di prevenzione, che miri dunque a proteggere dai fattori di rischio attraverso il rinforzo della famiglia, della scuola, del lavoro, della salute, ecc. In secondo luogo, intervenire su quei particolari dispositivi giuridici che tendono a favorire l’esclusione sociale o che comunque identificano nella reclusione l’unica possibile modalità per “gestire” gli autori di reato.

Coerentemente con queste argomentazioni, al fine di riconfigurare le relazioni e alcune procedure di approccio nei confronti di chi, per molteplici ragioni, può essere etichettato come fragile, si ritiene innanzitutto prioritario ridurre l’impatto istituzionale rispetto ad alcune “categorie di soggetti detenuti” avanzando, nei loro confronti, alcune specifiche proposte di intervento. I servizi pubblici per le dipendenze devono in ogni caso conservare la loro attuale funzione di orientamento e di inserimento nelle Comunità Terapeutiche, qualora la misura prevedesse un programma terapeutico di tipo residenziale. In tali casi, infatti, sarebbe opportuno “riassegnare” al giudice il compito di vagliare, caso per caso, la concretezza del pericolo connessa alla concessione di una misura extramuraria. 309/90 che preclude l’accesso agli arresti domiciliari “terapeutici” ai soggetti indagati o imputati per reati previsti dall’art 4-bis o.p., rimodulando il catalogo dei reati caratterizzati da una presunzione, relativa, di pericolosità ai sensi del “nuovo” art. 9 del 2012, che permette ai detenuti con un riferimento residenziale di poter scontare gli ultimi 18 mesi di pena in detenzione domiciliare, la scelta degli Enti locali consentirebbe di supportare tale misura alternativa, fornendo una opportunità di lavoro che completerebbe un progetto personalizzato di reinserimento, senza dubbio efficace anche in questo caso per contenere il pericolo di commissione di nuovi reati.

Solo in un secondo momento, quando la pena residua che il soggetto debba espiare sia ormai giunta al di sotto dei limiti stabiliti per i casi di affidamento in prova al servizio sociale in casi particolari, egli potrà essere ammesso a tale misura per portare avanti il solo programma terapeutico-riabilitativo. È, infatti, solo una minoranza di istituti, in Italia - tra cui quello di Roma Rebibbia - ad aver riservato loro aree di accoglienza. «Ecco perchè - ha spiegato - come ministro ho inserito la medicina di genere non solo nell’Agenda italiana ma anche in quella internazionale europea che porterò al G7 insieme al tema della protezione del fanciullo». 81 (Disciplina organica danazol dosaggio dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni) e, dall’altro, l’art. Il tema dell’autolesionismo e del suicidio in carcere non può ridursi - in linea con quanto si è già detto e con il sapere scientifico sul tema - alle componenti di una condotta soggettiva, poiché si finirebbe con il categorizzare individui a rischio a prescindere dalle condizioni di sistema. Con questi provvedimenti, in linea con l'accordo tra sindacati confederali e Aran, firmato il 10 agosto scorso, che prevede l'estensione del lavoro temporaneo nel pubblico impiego e l'assunzione di lavoratori interinali negli ospedali e nelle scuole, il governo dell'antico nemico dei lavoratori Amato punta a coprire le gravi carenze di organico legalizzando ed istituzionalizzando di fatto il lavoro nero, precario ed a termine anche nella sanità.

Accanto agli interventi volti a circoscrivere l’area della rilevanza penale di fenomeni contigui al consumo e a ridurre il carico sanzionatorio delle varie ipotesi di reato, si rende senz’altro necessario che si creino le condizioni affinché le persone alcol o tossicodipendenti tendenzialmente non entrino nel circuito penitenziario, evitandone l’ingresso già in fase cautelare. Ad oggi, infatti, l’esperienza della detenzione può trasformarsi in una sorta di “moltiplicatore” delle vulnerabilità dei soggetti svantaggiati, costretti ad affrontare la sfida di relazionarsi con se stessi e con gli altri all’interno di un’istituzione totale che - benché offra opportunità effettive di presa in carico e cura - si rivela nel complesso inadeguata nel rispondere alle drammatiche condizioni di multi-problematicità che la attraversano (si pensi all’alcol-tossicodipendenza, alla sieropositività, al disagio psichico o ai comportamenti suicidari, così diffusi tra i detenuti). Ma soprattutto appare opportuno creare unità trattamentali ad hoc dedicate alla presa in carico dei soggetti alcool e tossicodipendenti autori di reato. In questo modo, sarebbe previsto, in prima battuta, la sottoposizione del condannato a un programma integrato, costituito da una serie di interventi terapeutico-riabilitativi da intraprendere presso i servizi territoriali per le dipendenze https://farmaciperdonne.com/ponstel ovvero nell’ambito di un ente ausiliario o di una struttura privata autorizzata, nonché da una serie di ulteriori attività, nell’ambito di quello che viene definito come “Programma di reintegrazione sociale” per lo svolgimento, a carico dell'ente che lo attua, di attività socialmente utili e non retribuite.

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